Se succedesse che si incontrino nello stesso luogo tutti i responsabili delle religioni (cristiani - cattolici, ortodossi, metropoliti, protestanti - ebrei, mussulmani di 16 nazioni diverse, buddisti, induisti, ecc) e responsabilità politiche (l'ambasciatore USA, un delegato UE, vari capi di stato del mondo) per ben 3 giorni di convegni, ascolti, meditazioni e propositi su temi importanti come la pace, la globalizzazione, la crisi economica, la migrazione... quanto spazio, secondo voi, dovrebbe guadagnare sui giornali e tv?
Ecco, si è concluso proprio ieri sera a Barcellona la preghiera della pace 2010, organizzata dalla comunità di S. Egidio, proprio come sopra descritto. Ci sono stati molti tavoli in cui ognuno ha potuto ascoltare in modo costruttivo l'altro, approfondire le proprie conoscenze e cercare una via comune insieme nel reciproco rispetto.
Nella cerimonia finale, hanno preso la parola l'arcivescovo di Barcellona che ha espresso la sua soddisfazione e gratitudine per l'incontro e il fondatore della comunità Andrea Riccardi che ha ricordato come la pace non può essere per pochi ma per tutti ed ha espresso il suo augurio affinchè dopo un decennio di paure (iniziato con i tragici attentati dell'11/09) ci possa essere un riscatto ovvero un decennio di pace, poi sono state presentate 4 testimonianze dei diversi continenti e precisamente l'on. Tajani per la comunità europea che ha spiegato come l'europa si debba sforzare ad essere l'ago della bilancia per gli altri continenti, il ministro del Pakistan che ha apprezzato l'aiuto disinteressato, fraterno e prezioso dei cristiani anche ai mussulmani nei territori tragicamente alluvionati del suo paese, l'arcivescovo di New York che ha ricordato suo nipote vigile del fuoco morto durante le operazioni di soccorso per la strage alle torri gemelli ma anche la preghiera congiunta con ebrei e mussulmani avvenuta pochi giorni dopo ed infine un responsabile della Guinea che ha parlato della situazione africana, difficile sì, ma che è pronta (con le mani tese nda) a togliersi i panni del vittimismo e della rassegnazione per prendere in mano il proprio futuro (anche grazie all'aiuto dei paesi cosiddetti ricchi).
Dopo queste testimonianze, è stato letto un comunicato in cui ogni responsabile presente si impegnava pubblicamente ad attuare che, in sintesi, diceva che la globalizzazione deve cambiare in modo che diventi una famiglia di popoli, che il mondo ha bisogno di un'anima e non fredde regole di mercato ma soprattutto di pace. Chi usa il nome di Dio per odiare e umiliare l’altro abbandona la religione pura, il dialogo non indebolisce ma rafforza e si conclude con la frase "Un destino comune è l’unico destino possibile".
Terminato ciò, si è provveduto a consegnare tale lettera a tutte le personalità presenti tramite i bambini (prossimi protagonisti del futuro) provenienti dai diversi continenti, mentre si è concluso poi con una fiaccolata e la firma del comunicato.
Credo che solo se si alimentano tale occasioni e si sgonfino altri che portano alla divisione si possa finalmente costruire un mondo più degno di esser vissuto.
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